Il lato della certezza giuridica e quello epico, affine al sogno, non sono per Bialik separabili, ma si richiamano continuamente e si ricongiungono nell’unità dell’azione e dell’ interpretazione, della vita e della scrittura ebraica.
Letto e ammirato da Martin Buber, tradotto in tedesco da Gershom Scholem, Halachah e Aggadah giunse poi nelle mani di Walter Benjamin: “Egli ne ricevette un’impressione incancellabile – ricorda Scholem, – di cui è possibile rintracciare l’influsso in non pochi dei suoi scritti. Giudicava quel saggio “assolutamente straordinario” – e in effetti lo era”.