Possiamo fingere o parlare d’altro, ma abbiamo di fronte la più grande migrazione della storia dell’umanità

di Michele Luzzatto | 21.05.2023

"Per bene che ci vada, nel 2050 avremo raggiunto i +2°C rispetto alla media delle temperature dell’epoca preindustriale. Ma deve andarci proprio bene. A +2°C ampie zone del pianeta saranno inabitabili, vuoi per le inondazioni, vuoi per la siccità, vuoi per i fenomeni meteorologici estremi...". Il saggio "Il secolo nomade" di Gaia Vince è una lettura perturbante. I dati, spiattellati con dolente obiettività, e le proiezioni, per quanto parzialmente incerte – con la “forchetta” che si allarga mano a mano che si va verso il futuro –, non danno il minimo scampo: abbiamo di fronte la più grande migrazione della storia dell’umanità. Dobbiamo finalmente renderci conto che saremo costretti ad adattarci a un mondo nuovo e diverso, perché quel mondo sarà diverso, poco ma sicuro. Il problema è come gestire la transizione...


Non è mai successa nella storia dell’umanità una cosa anche solo vagamente paragonabile. Questo viene da pensare, con orrore, terminata la lettura de Il secolo nomade (Bollati Boringhieri, traduzione di Giuliana Olivero) di Gaia Vince.

I dati, spiattellati con dolente obiettività, e le proiezioni, per quanto parzialmente incerte – con la “forchetta” che si allarga mano a mano che si va verso il futuro –, non danno il minimo scampo. Avverrà. Non che prima non lo sapessimo, ma, come dire, forse non lo avevamo introiettato con questa violenza e immediatezza. Questo libro sconvolge il futuro per sempre.

Che cosa avverrà? Che il mondo, tra poche decine d’anni, sarà un luogo radicalmente diverso da come lo conosciamo e da come è stato per millenni, ecco che cosa avverrà. E si badi bene che non ho scritto “potrebbe diventare”; ho scritto consapevolmente la frase usando il futuro indicativo delle certezze: “sarà”.

Cartina estrapolata da Il secolo nomade di Gaia Vince

Si fa un gran parlare di generazioni da qualche tempo: Boomers, Generazione X (dovrebbe essere la mia), Millennials, Generazione Z (dovrebbe essere quella di mio figlio).

I sociologi si sbizzarriscono, cercano le ragioni dei conflitti tra genitori e figli in termini culturali, parlano della tecnologia, del web, dei social, della frammentazione della società, ah, signora mia, non si studia più come una volta, ma pochi si sono fermati a pensare alla colossale differenza di prospettiva sulla propria vita che può avere un tardo cinquantenne come me rispetto a quella che può avere un ventenne come mio figlio. Non è un cambiamento antropologico su base culturale, e c’entra poco il bagaglio esperienziale e affettivo che io posso aver dato (o mancato di dare) a mio figlio.

Qui si tratta del fatto che quando il Grande Cambiamento sarà compiuto io sarò o morto o morente, e poco me ne importerà, mentre mio figlio avrà più o meno l’età che io ho adesso. Io che sono ancora in possesso delle mie forze, che faccio progetti per il futuro e che me ne sto a una scrivania battendo sulla tastiera articoli per una rivista, pieno di progettualità e di propositi per l’avvenire. Per lui sarà molto diverso.

Cartina presa da Il secolo nomade di Gaia Vince

Siamo nel 2023. Tra 27 anni saremo nel 2050. Per bene che ci vada, nel 2050 avremo raggiunto i +2°C rispetto alla media delle temperature dell’epoca preindustriale. Ma deve andarci proprio bene. A +2°C ampie zone del pianeta saranno inabitabili, vuoi per le inondazioni, vuoi per la siccità, vuoi per i fenomeni meteorologici estremi. Miliardi di persone semplicemente non potranno più vivere dove per secoli le loro famiglie sono vissute. Quindi andranno via. Non è una scelta. Tra queste persone potremmo esserci anche noi, cittadini mediterranei (e qui uso il condizionale, perché l’incertezza esiste, ma riguarda uno o due decenni in più o in meno, non se la cosa avverrà o meno. Avverrà).

Abbiamo di fronte la più grande migrazione della storia dell’umanità: qualcosa come tre o quattro miliardi di persone che si spostano nel breve volgere di pochi decenni – d’altronde hanno già iniziato –, e il problema non è neanche più quello di contestare le risibili politiche antimigratorie di questo o quel governo, bensì di cosa dire ai nostri figli. Con quali occhi loro guardano al proprio futuro?

La risposta è drammaticamente chiara: con occhi molto diversi dai nostri. Siamo specie distinte. Il nostro futuro e il loro futuro non hanno niente da spartire, nulla in comune, e una cosa anche solo vagamente paragonabile a questa, appunto, non era mai capitata nella storia.

Dunque, il secolo che abitiamo è “il secolo nomade”, ci dice Gaia Vince. Gli umani sono nomadi di professione e questa non è una novità: da che mondo è mondo si sono sempre spostati. Ma la differenza questa volta sta nei numeri; tre-quattro miliardi di persone che si spostano praticamente all’unisono (pochi decenni sono nulla nel flusso della storia), tutte dirette a nord del 45° parallelo in cerca di terre fisicamente vivibili. È una situazione devastante.

Possiamo parlare d’altro, fingere che questo problema non ci sia, persino provare maldestramente a negare i dati, ma resta il fatto che abbiamo una ventina d’anni davanti a noi per provare a riallineare almeno un po’ il nostro futuro e quello di chi seguirà. La cosa dovrebbe indurci a mettere l’argomento “crisi climatica” in cima alla lista delle nostre urgenze, e invece per qualche ragione questo non avviene. Sospetto che la ragione sia appunto che la lista delle urgenze la compilano i cinquantenni come me, e non i ventenni come mio figlio.

Di fronte a noi (esseri umani) ci sono sfide enormi da affrontare. Le idee non mancano, le tecnologie le possiamo implementare, ma è chiaro che lo sforzo non potrà che essere unitario, su scala globale, per la prima volta nella storia, oppure finirà malissimo. Sicuramente dovremo fare uso di tutte le armi che abbiamo a disposizione, compresa la tecnologia, essendo tuttavia ben consapevoli che la tecnologia da sola non basterà a conservare il mondo che conosciamo. Dobbiamo finalmente renderci conto che saremo costretti anche ad adattarci a un mondo nuovo e diverso, perché quel mondo sarà diverso, poco ma sicuro. Il problema è come gestire la transizione.

Gaia Vince fornisce idee e dati. Cominciamo a leggere e discuterne, perché sta diventando urgente.

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L’INCONTRO AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO – Il 21 maggio, alle ore 15:45, Gaia Vince presenta Il secolo nomade al Salone del Libro di Torino (in Sala Bianca) con Telmo Pievani e gli interventi di Giorgio Brizio ed Edoardo Di Stefano (e in collaborazione con Friday For Future).

L’AUTORE – Michele Luzzatto è il Direttore editoriale di Bollati Boringhieri.

Fonte: www.illibraio.it