Anteprima del nuovo romanzo di Hans Tuzzi

di Redazione | 23.01.2021

Vi diamo appuntamento al 28 gennaio, giorno d’uscita del nuovo romanzo di Hans Tuzzi.Una nuova indagine per il vicequestore Melis, come sempre ambientata nella “sua Milano”, questa volta nel 1990.Qui pubblichiamo in anteprima un estratto. Cliccate sul titolo del libro per visualizzare la scheda e accedere ai pulsanti degli store online e per visualizzare la […]


Vi diamo appuntamento al 28 gennaio, giorno d’uscita del nuovo romanzo di Hans Tuzzi.
Una nuova indagine per il vicequestore Melis, come sempre ambientata nella “sua Milano”, questa volta nel 1990.
Qui pubblichiamo in anteprima un estratto.

Cliccate sul titolo del libro per visualizzare la scheda e accedere ai pulsanti degli store online e per visualizzare la libreria più vicina a voi.

 

Nella luce di un'alba più fredda

Hans Tuzzi, Nella luce di un’alba più fredda


© 2021 Bollati Boringhieri editore

Il Naviglio un nastro di stagno che scorreva di fianco alla Fiat 131 bianca. La casa di Beretta era un appartamentino ricavato in una vecchia cascina restaurata e ritagliata in prestigiose unita abitative di varia metratura, come avrebbe detto un immobiliarista. Di prestigioso non aveva nulla, di simpatico molto, a iniziare da azalee e rosmarini in vaso che ornavano il cortile. E i muri spessi, e il silenzio. Venne ad aprire il donnino di cinquanta chili. Scarsi. Che fece accomodare il ≪dottore≫ in un allegro tinello nei toni del giallo e dell’arancio.
«Mio marito sarà qui a minuti, è andato a comprare il pane» disse indicando a Iurilli una delle due poltroncine. «Lo prende un caffè?»
Prima che il commissario potesse rispondere, una chiave girò nella toppa e Mario Beretta fece il suo ingresso. Non alto, con tre o quattro chili di troppo, aveva una faccia rotonda, la pelle color pesca, pochi capelli ch’erano stati biondi svettanti in un ciuffo alla Tintin e due occhi sporgenti, azzurri come un cielo d’aprile.
Una gattina bianconera spuntò dal nulla e gli si strusciò sulle gambe ronfando fusa in do diesis. L’uomo salutò mentre la moglie lo aiutava a togliersi il Burberry. Così come la donna, era vestito con buon gusto: pantaloni di velluto ben stirati, camicia, maglione Lacoste e scarpa Sisley. Una sola, sì, perché con un vezzo macabro Mario Beretta non portava protesi e la gamba sinistra amputata del piede finiva, invisibile, qualche centimetro prima dei pantaloni.
Un bastone canadese forniva il necessario appoggio. Sedette sull’altra poltrona, mentre il donnino serviva il caffè.
Sì, aveva letto della morte di Calamatta. No, non lo aveva più visto dai tempi del fallimento della B&V. Brava gente, quei due: ingenui, certo, pasticcioni ma non disonesti. Era il Calamatta che non riusciva che a pensare inganni, truffe, trabocchetti. «Sa» aggiunse, «a me è andata anche bene: avevo appena maturato la pensione, e due anni dopo anche Anna» accennò al donnino, finalmente provvisto di un nome, «maturò la sua. Anna lavorava per la sartoria Neglia, sa? Mani d’oro». Il che, si disse Iurilli, spiegava forse il gusto di vestirsi bene. E magari anche qualche entrata in nero come sarta a casa propria.
«Così, i figli ormai grandi e avviati alla vita, noi due, qui, dopo un’esistenza di sacrifici ci possiamo concedere piccoli lussi». «La villa a Miami» disse il donnino, strizzando l’occhio al poliziotto.
«Va, va, che con il ricavato della casa dei tuoi, anime sante, ci siamo comprati il bilocale a Spotorno che adesso vale un tesoretto, vale». E strizzò lui l’occhio a Melis: «Operaio, sì, ma la Romagna la lascio agli operai tedeschi, io. O Liguria, o crociera». «Mi perdoni se… Lei non guida più, vero?» «No. Oddio, guardi, con la protesi, che a volte porto e a volte no, potrei anche, ma con il freno al volante e le marce automatiche e io così non mi diverto. Anna non ha mai guidato.
Con quel che si risparmia di benzina inutile, quando si va a Spotorno pigliamo il taxi fino alla stazione di Milano. Per il resto, pazienza». La moglie dovette cogliere un margine di incredulità, sul volto di Iurilli, perché intervenne. «Raccontala tutta, al dottore. Tu non guidi più anche perché hai la pressione alta». Si rivolse direttamente al poliziotto: «Dovrebbe stare attento al peso, mangiare più frutta, niente sale, e invece quando la va bene ha 140-90, e l’anno scorso con 160-100 ha dovuto prendere i medicinali, ha dovuto. Che quella volta lì» si rivolse al marito, «i medici si son proprio arrabbiati. Ma lo sa» di nuovo a Iurilli, «che con gli amici è anche capace di farsi un grappino? E se gli si offusca la vista mentre guida? Altro che freno al volante, fortuna che con le vite degli altri ha giudizio, ha. E così ha smesso».
L’uomo abbozzò un mezzo sorriso imbarazzato. Le vite degli altri…
«Mi parli del Calamatta. Lo conosceva bene?»
«Capirà, s’era in cinque più i titolari, certo che ci si conosceva bene. Loris era anche simpatico, sa, e qualche volta ti dava il cavallo buono in una corsa. Detto questo, io a lui non avrei affidato neanche… neanche… ecco, neanche la Sissi» disse carezzando la gattina.
«Ci avrebbe montato su qualcosa di strano anche su di lei, piccola».
«Aveva famiglia? Affetti?»
«Se sì, non traspariva traccia. Anzi, una volta dalla tasca del cappotto gli son caduti due…» abbassò la voce per istintivo riguardo alla moglie, «due preservativi, che non si usano con la propria donna, giusto? Comunque, le parole famiglia e moglie non le ha mai dette precedute dal possessivo mia».
«Non vi frequentavate, fuori dal lavoro?»
Beretta scosse il capo. «No. Ma era lui, soprattutto, a girare largo. Poi, sa, lui era alla contabilità, noi altri quattro a far andare i muscoli. Come si dice, a Milano? Due traslochi valgono un incendio. Anche per noi operai, mi creda».
«Qualcuno che se la sia presa in modo particolare?»
«Oh, be’, tutti, più o meno. Ma da qui a giurare vendetta… Sì, il Bruno, Bruno Viani, disse che se gli metteva le mani sopra lo avrebbe mazzato di botte, ma son cose che si dicono. E poi il Loris, prudente, aveva traslocato, stette per un due anni buoni alla macchia, tant’è che il Tribunale stesso ebbe difficoltà a reperirlo. E dopo, cosa vuole, la rabbia sfuma. Ma no, mi ci vedo mica il Bruno, io, che dopo dieci anni… e così, poi, col vino al metanolo… Ma non sarà stato piuttosto un incidente?»
«Può darsi, signor Beretta, può darsi. E Bruno Viani è morto».