Lista dei miei piccoli “salvamenti” (tutte le cose che mi hanno salvato la vita)

di | 19.02.2022

La pizza della domenica, Jo March, la scuola, il dolore, Franny and Zooey, Agatha Christie, Leonard Cohen: in occasione dell'uscita del romanzo "Salvamento", su ilLibraio.it Francesca Zupin, autrice al suo esordio, stila una lista di cose che le hanno salvato la vita


Lista delle cose che mi hanno afferrata, sollevata, tenuta a galla e, nei casi migliori, rianimata con una respirazione bocca a bocca. Lista, dunque, delle cose che mi hanno salvato la vita:

La pizza della domenica

Se fossi uno qualsiasi dei miei ex, in cima a questa lista ci sarebbe la mamma, ma siccome li ho accusati tutti di morbosa dipendenza, non posso scriverlo. Allora vado di metonimia, perché la pizza della domenica non la fa mia madre – è mia madre. Quando sono triste io mi faccio un bagno: chiudo gli occhi e immagino di essere a mollo nella vasca dei miei genitori, col profumo di bagnoschiuma annientato da quello del forno. Immagino che presto cenerò in pigiama e mi rannicchierò sul divano con mia madre e un telefilm prodigo di autopsie. E sto bene. La pizza è il mio pasto del condannato e probabilmente sarà l’ultimo – salvifico – pensiero prima di morire.

Jo March

Avevo otto anni, e piansi per il suo manoscritto gettato nel fuoco più di quanto avessi mai pianto per un personaggio immaginario, una persona vera o ginocchio sbucciato. Jo mi insegnò di che pasta ero fatta – una pasta di parole scritte – ma soprattutto, quando perdonò e salvò Amy, mi fece capire come mi sarei dovuta sforzare di diventare, perché esistevano cose anche più importanti della scrittura.

Karl Ove Knausgaard

Ho iniziato a leggere La mia battaglia in un periodo di isolamento causato dalla convinzione che non avrei mai scritto nulla di importante, perché non avevo nulla di importante di cui scrivere. Volume dopo volume, ho perso il confine tra la mia vita e la sua: il mio pane soffice era anche flatbrød norvegese; la mia spiaggia era una collina innevata; mia figlia che non mi lasciava tempo per lavorare, era la sua. Ero K.O., come già ero stata Marcel o Montaigne, o uno degli alter ego di Philip Roth o Paul Auster. Solo che stavolta non si trattava di un tuffo in un’esistenza lontana, ma di una sovrapposizione tra due vite che si assomigliavano parecchio. Se lui era riuscito a cavare un capolavoro in migliaia di pagine dalla sua, non potevo tirare fuori almeno duecento cartelle, io, dalla mia? Knausgaard ha salvato la mia voglia di scrivere, e mi ha ricordato che, a volte, invece, non esiste cosa più importante della scrittura.

La scuola

Sono sempre stata una prima della classe, saccente e rompipalle. Sono sopravvissuta perché passavo i compiti, facevo casino e indossavo dei jeans molto attillati durante le interrogazioni di matematica. La scuola non mi ha solo salvata da infanzia e adolescenza, ma le ha rese indimenticabili, e questo è un regalo di cui sono grata alla vita. Ho amato ogni compagno di classe, ogni gomma appiccicata e fossilizzata sotto al banco, ogni aoristo e ogni professore (ma soprattutto quello di Filosofia, perché mi ha regalato il mio maestro di vita, ossia…)

Ermete Trimegisto

Come sopra, così anche sotto; come sotto, così anche sopra. E una verità che salva sempre e vale per qualsiasi, ma proprio qualsiasi cosa. Ad esempio: io in un articolo voglio sentirmi libera di citare Montaigne ed Harry Potter, chi sia alto e chi basso giudicatelo voi, ma sappiate che mia figlia la pensa diversamente.

Cy Twombly

Dovrei scrivere l’Arte in generale, ma scelgo Twombly in rappresentanza di tanti altri, diversissimi artisti che amo, perché è stato quello che più ha unito pittura e scrittura, fregandosene dei confini e trovando un equilibrio estetico perfetto (anche lui, un vero Ermetico!). E se la domanda è da cosa ti ha salvata?, vi svelo questo segreto: l’Arte salva da tutto.

Leonard Cohen

Anche la musica salva da tutto. Ma Cohen, per me, è più della musica. Nei suoi romanzi, nelle poesie, nelle dispute con D_o, ha salvato la mia tristezza, che disprezzavo. E la mia serietà, che spesso avrei voluto disintegrare, insegnandomi che “è il piacere più profondo che abbiamo”.

Il dolore

Dopo la laurea, fui assunta da una società di consulenza che mi spedì in Inghilterra in un ufficio dalla moquette arancione e distributori che servivano, oltre al solito similcaffè, brodo di dado. Passavo dalle 12 alle 16 ore al giorno a fare un lavoro di cui non capivo il senso né lo scopo. Dormivo poco, mangiavo meno, quando rincasando scoprivo gli alberi di Natale illuminati dietro alle finestre senza tende di Cheltenham, scoppiavo in singhiozzi. Poi, nel corso di una trasferta, una notte svenni e mi spaccai la faccia sopra al bidet. Dopo un anno di tribolazioni, cambiai vita. Non so cosa ne direbbe Freud. Non so se frantumarsi su un sanitario sia, al pari di scordarsi le chiavi, un’espressione di disagio dell’inconscio tanto potente da materializzarsi. Ma sono certa che a volte solo un grande dolore possa darci coraggio, farci ribellare e riappacificare con noi stessi. Fu grazie a quel dolore che tornai a conoscermi.

Agatha Christie

Alcuni pomeriggi di noia, perfetti a coltivare pensieri suicidi, così come alcune notti di ansia febbrile, possono trasformarsi, grazie alla vecchia signora, in rilassanti viaggi nel tempo verso un luogo conosciuto che ci regalano piacere, paura, emozione, sorpresa, ma solo q.b. A chi non conosce il grigio ed è sempre borderline, come me, i libri di Christie regolano i neurotrasmettitori.

Il coraggio

Ho fatto scelte che spesso sono state giudicate bislacche. Non mi interessano la linearità né la coerenza, perché quel che davvero distingue un essere speciale in una folla di gente comune è il coraggio. Do più ragione a Harry Potter, insomma, che alla Mazzantini: credo che ognuno, alla fine, si debba salvare da solo.

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Franny and Zooey

Immaginate una ragazza complicata, vanitosa nel suo spogliarsi della vanità, con un surplus di pensieri aggrovigliati, pulsioni mistiche, desiderio di controllo e un’inevitabile, elegante disperazione. Immaginate che un giorno scopra di non essere sola al mondo, ma di avere una gemella (e di far parte quindi nientedimeno che della famiglia Glass, perlomeno in pectore). La ragazza sono io, e Franny e Zooey mi hanno salvata dall’essere figlia unica.

Partire

Quando mi è sembrato impossibile risolvere, è stata sempre un’alternativa valida.

Camminare

Che è un piccolo partire.

Tornare

A volte richiede più coraggio del partire. Ma è il salvamento finale, la chiusura del cerchio. C’è quel saggio meraviglioso di Auden su Alice in Wonderland che dice tutto: una ragazza affronta una lunga sfilza di imprese folli, dolori assurdi, paure, sorprese, incontri, soltanto per ritrovarsi al punto di partenza – per essere di nuovo una tredicenne educata e curiosa, capace di vivere la bellezza e l’assurdità del mondo. A cosa serve quel lungo viaggio, allora? Alla consapevolezza. Uno stato di grazia forse a poco vale se fondato sull’ingenuità e l’ignoranza dell’infanzia, ma quando si riesce a riconquistarlo dopo tutto il dolore, lo schifo, la contaminazione degli altri, nonostante e grazie a tutto questo, allora significa tutto, significa che siamo tornati a noi stessi. Che ci siamo salvati.

Salvamento di Francesca Zupin

L’AUTRICE E IL ROMANZOFrancesca Zupin è nata a Trieste. Si è laureata all’Università Bocconi e ha conseguito un Master alla Scuola Holden. Lavora in un’università scientifica internazionale in Medio Oriente. Nel suo romanzo d’esordio, Salvamento (Bollati Boringhieri), racconta la storia di Giulio, un tredicenne gracile e appassionato di libri che, durante una lunga estate condivisa al campeggio, si innamora di Stella, figlia della nuova compagna del padre vedovo.

Stella è diversa da lui: forte, raffinata, ribelle. Negli anni a venire, convivendo nella stessa casa, i due ragazzi passano dall’essere un po’ fratelli a fidanzati, ma non senza sofferenza: la famiglia li osteggia, in particolare il padre di Giulio, irascibile e deluso, che al figlio ha sempre preferito uno dei suoi amici: Bobo, veloce sulle moto e con le parole, che si sente un nuovo Rimbaud. Anche Stella è da sempre attratta da Bobo, ma il loro rapporto – intenso e altalenante – non si è mai trasformato in una vera relazione.

Stella, alla perenne ricerca di qualcuno che la salvi da Bobo e da se stessa, pare aver trovato in Giulio il candidato perfetto. Eppure, a un passo dalle nozze, rinuncia alla tranquillità per inseguire l’emozione. Dando voce a un io narrante maschile, l’autrice sa sorprenderci nel raccontare la verità dei suoi protagonisti, senza mai fare loro sconti, immergendoli in atmosfere sospese tra nostalgia e disincanto.

Il tempo, con le sue acrobazie e le sue accelerazioni, i suoi ritorni e i suoi rimpianti, diventa quasi un personaggio aggiuntivo che agisce e interagisce con gli altri: sfidandoli, deludendoli, ingabbiandoli, ma anche creando quegli squarci di luce e bellezza che sono possibili, forse, solo guardandosi indietro.

Fonte: www.illibraio.it