“Il frigorifero di Einstein”: la storia di un ubriaco, un botanico, un genio e due fisici…

di Michele Luzzatto | 10.05.2021

"Termodinamica è un nome terrificante per quella che forse è la teoria scientifica universale più utile che sia mai stata concepita", scrive Paul Sen, autore di "Il frigorifero di Einstein", in uscita per Bollati Boringhieri. La casa editrice di Albert Einstein, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung propone a lettrici e lettori anche una nuova newsletter periodica


Questa è la storia di un ubriaco, un botanico, un genio e due fisici.

C’è quest’uomo, dunque, che esce completamente ubriaco da un bar a tarda notte. Si regge a malapena in piedi e ogni suo passo lo sospinge in una direzione diversa, imprevedibile e totalmente casuale, dettata più dal tentativo di tenersi in piedi che da una chiara volontà di raggiungere un luogo particolare. Con tutto ciò, l’ubriaco si muove e dopo dieci minuti approda a un lampione al quale riesce ad aggrapparsi. Non che fosse previsto: se potessimo riavvolgere il tempo di dieci minuti e rimettere l’ubriaco alla porta del bar, probabilmente lo vedremmo fare un percorso diverso e approdare infine a un altro lampione. In media però percorrerebbe sempre la stessa distanza, anche se non sappiamo di volta in volta in quale direzione. Un matematico potrebbe calcolarla.

Il frigorifero di Einstein

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C’è quest’altro uomo, poi, che si chiama Robert Brown e di mestiere fa il botanico. Con un pennello fine ha raccolto del polline dalle antere di un fiore, ha riversato quei minuscoli granuli in una boccetta d’acqua e ha messo il tutto sotto il microscopio. I granuli di polline sono puntini piccolissimi e lui li vuole osservare ingranditi, ma quelli non stanno mai fermi. Si muovono erraticamente sotto la lente, un po’ come l’ubriaco di prima. Esclude che si muovano intenzionalmente, ma non sa spiegare cosa li faccia girovagare nell’acqua. Pubblica un articolo con un grande punto interrogativo e accantona il problema.

C’è poi il genio, che si chiama Albert Einstein e di mestiere fa l’impiegato dell’Ufficio Brevetti di Berna, ma la sera si diletta di fisica. Sa di Robert Brown e dei suoi misteriosi granuli di polline vaganti e non è da escludere che abbia anche avuto esperienza di qualche camminata da ubriaco. Di sicuro sa di un quarto uomo, un fisico che si chiama Ludwig Boltzmann, il quale sostiene che il mondo è fatto di tantissimi atomi piccolissimi che si scontrano tra loro in modo casuale e caotico, eppure in qualche modo calcolabile, proprio come è calcolabile la distanza media del percorso dell’ubriaco.

Da fisico, Einstein mette insieme le due storie del botanico e dell’ubriaco e fa dei calcoli. Poniamo che l’acqua sia fatta di minuscole molecole invisibili che si muovono velocissime e che colpiscono a casaccio la superficie del granulo di polline da tutte le direzioni. Si badi bene: facciamo solo finta che sia così, perché l’effettiva esistenza di queste fantomatiche molecole è aspramente dibattuta e tutt’altro che provata. Anzi, i più pensano che non esistano.

Ebbene, se in un momento preciso il granulo venisse colpito da tutti i suoi lati, simmetricamente, ogni spinta ricevuta da sinistra sarebbe compensata da quella uguale e contraria ricevuta da destra, e quindi il granulo resterebbe immobile. Ma se l’attimo successivo, per il casuale gioco del moto caotico, le molecole che lo colpiscono da sinistra fossero un po’ di più di quelle che lo colpiscono da destra, ecco che il granulo si sposterebbe impercettibilmente verso destra; salvo cambiare direzione nell’istante successivo se il gioco casuale dei rimbalzi portasse un po’ più di molecole a colpirlo da un’altra direzione. Dunque, se le molecole esistono, il moto del polline sarebbe del tutto simile a quello dell’ubriaco. E un matematico lo può calcolare.

Fatti i calcoli, si ottiene un risultato, che dice che se il granulo ha certe dimensioni e le molecole certe altre, con certe velocità, allora il granulo dovrebbe muoversi di una certa precisa lunghezza ogni intervallo dato di tempo. “Questi i calcoli”, scrive Einstein, “prego, verificate”.

Un quinto uomo, un altro fisico di nome Jean Perrin, si mette al microscopio e verifica. E sì, il mondo si comporta come dicevano i calcoli di Einstein. Dunque esistono gli atomi, o almeno il fatto che siano loro a far muovere invisibilmente il polline del botanico è la spiegazione più elegante. Anzi, l’unica disponibile.

Ma c’è di più. Ipotizziamo, come suggerito da Boltzmann, che il calore altro non sia che la velocità media di quelle molecole invisibili. Niente sostanza calorica e niente forza vitale: quello che noi chiamiamo calore è il risultato del movimento delle particelle. Se le cose stanno così, il nostro granulo di polline si sposterebbe di più aumentando la temperatura dell’acqua: molecole più veloci colpiscono più violentemente e spostano maggiormente il polline.

Ed ecco che un ubriaco, un botanico, un genio e due fisici, unendo le forze, cambiarono il mondo.

*L’autore è direttore editoriale di Bollati Boringhieri

 

 

Fonte: www.illibraio.it