Il ruolo dell’editoria nel mondo intellettuale per Giulio Bollati


In un articolo pubblicato su MicroMega nel 1996 – probabilmente l’ultimo scritto che ci ha lasciato –, Giulio Bollati (Parma, 1924 – Torino, 1996) tocca un tema che non potrebbe suonare più attuale, nonostante il pezzo sia stato scritto quasi trent’anni fa.

Con piglio ironico, com’era usuale per lui, Bollati parte volando altissimo: “Anima e corpo, spirito e materia: superata infinite volte in sede speculativa, questa contrapposizione si è impressa tanto lungamente nelle strutture profonde della cultura italiana da diventare senso comune”.

giulio bollati

Gli italiani, dice Bollati, si agitano in una schizofrenia autoimposta (e falsa) e si gettano a capofitto in una battaglia di cartapesta, combattuta con tenace convinzione, schierandosi in due campi avversi l’un contro l’altro armato.

C’è chi usa la mente e chi usa il corpo, e le due fazioni non si incontrano mai. Naturalmente i contendenti non si ascoltano, e così la società si trova spaccata, con gli “intellettuali” da un lato, intimamente convinti che “l’anima è nobile, il corpo è vile”, e la società civile dall’altro, tutta presa a sviluppare l’economia e felicemente ignara dell’esistenza dei primi. Insomma, chi fa non legge e chi legge non fa, e questa sarebbe la chiave per capire la decadenza morale italiana.

L’articolo tratteggia due figure archetipiche dell’intellettuale italiano, due esponenti del primo dei due campi in lotta. C’è anzitutto il “letterato di antica ascendenza umanistica” che vive nel “culto del passato e della forma”. Costui è l’erede diretto dell’ancien régime e guarda con nostalgia ai tempi in cui chi faceva cultura si permetteva lunghi pomeriggi d’ozio filosofante tra gli ameni campi, sostanzialmente grazie al fatto che qualche servo della gleba arava i suoi campi per lui e qualche inserviente gli faceva trovare la tavola imbandita al suo ritorno da una passeggiata tanto intensa. Per l’umanista “l’industrialismo, col suo corteggio di utilitarismo, democrazia, cultura di massa, rappresenta una minaccia mortale per sé e insieme per la società intera”.

Giulio Bollati L'invenzione dell'Italia moderna

Poi c’è l’intellettuale radicale, che “si erge in atto di sfida contro il potere“, “rivendica i diritti della propria classe usurpati dal sovrano”, ma di fatto lo fa unicamente a favore di sé stesso, magnificando «il compito misterioso della propria autoriproduzione» (che frase sublime). Nessuno dei due si cura di come evolva il mondo.

Insomma, gli intellettuali italiani sono molto presi a parlare del primato dello Spirito o della rivolta contro il principe, ma sono distantissimi da chi si sporca quotidianamente le mani con le macchine cariche d’olio, coi calcoli matematici, con la produzione tecnica, con il progresso e, in definitiva, con la realtà delle cose terrene. Il marxismo – concede Bollati – aveva rappresentato una novità in questo senso: nella dialettica tra spirito e materia aveva tentato di “rendere la cultura immanente ai processi reali”, ma poi la sinistra italiana si è fatta risucchiare nella solita battaglia di cartapesta e tutto è finito in nulla.

Non è un caso che un articolo di questo tenore, sferzante nei confronti dell’intellighenzia nostrana, sia stato scritto da un editore. L’editoria è quel settore produttivo che più degli altri si trova a cavallo tra i due campi, in bilico sul filo spinato del confine, ed è normale che da questa scomoda posizione si veda con particolare chiarezza l’insensatezza della battaglia tra anima e corpo. L’editore parla con gli intellettuali perché in definitiva sono loro a scrivere libri, ma poi fa i suoi bravi conti e cerca di rendere economicamente sostenibile la produzione industriale di quelle parole, anche perché la tenuta economica è presupposto necessario all’indipendenza di pensiero, e proprio questo dovrebbe essere un valore molto apprezzato dagli autori dei libri.

giulio bollati

Ma in Italia le cose vanno diversamente, e il tutto rischia di risolversi in un circolo vizioso nel quale le parole scritte dagli apologeti dello Spirito vengono molto prosaicamente stampate in rumorose tipografie, assemblate in volumi, distribuite e infine vendute ad altri apologeti dello Spirito, i quali restano intensamente colpiti da quelle stesse parole, bellamente ignari del processo materiale grazie al quale hanno potuto leggerle. Processo che in fondo in fondo disprezzano.

È la contraddizione della società italiana, che non ha mai introiettato appieno la modernità. Mentre in Gran Bretagna, in Francia o in Germania la borghesia manufatturiera riesce a instaurare in epoca illuminista un’alleanza con gli ambienti della cultura, che a loro volta inglobano il pensiero scientifico, tecnologico ed economico nel processo della modernizzazione, da noi questa impostazione resta di fatto minoritaria, confinata a settori culturali limitati e alla lunga perdenti.

Proprio questi sono, non a caso, gli ambienti che Giulio Bollati, da intellettuale a sua volta, studia di più. È per questo che uno dei suoi autori d’elezione è Carlo Cattaneo, il filosofo liberale, federalista, laico e illuminista che nel 1839 fonda la rivista Il Politecnico (poi ripubblicata dall’editore Bollati in edizione pregiata), nella quale la cultura materiale tecnico-scientifica ha un ruolo centrale e formativo: “Con Cattaneo, e solo con lui – scrive Bollati, – si può dire che si manifesti una promessa di borghesia compiuta, obbediente ai principi di una moralità nuova, intesa al successo come al compimento di impegni al tempo stesso scientifici ed economici, di interesse collettivo”.

Sono parole tratte da L’invenzione dell’Italia moderna, una raccolta di studi di Giulio Bollati da poco riproposta – in occasione dei cento anni dalla nascita del suo autore – da Bollati Boringhieri, casa editrice che porta anche il suo nome.

L’AUTORE – Michele Luzzatto è il direttore editoriale di Bollati Boringhieri.

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Fonte: www.illibraio.it


A tu per tu con Freud: l’offerta ebook da non perdere


Dal 15 al 17 marzo, nei principali negozi online, un’offerta ebook tutta dedicata alle opere di Sigmund Freud. I libri del padre della psicoanalisi saranno infatti disponibili in versione digitale a metà prezzo.

Freud nacque a Freiberg, in Moravia, nel 1856. Autore di opere di capitale importanza (tra le quali L’interpretazione dei sogni, Tre saggi sulla sessualità, Totem e tabù, Psicopatologia della vita quotidiana e Al di là del principio del piacere), insegnò all’università di Vienna dal 1920 fino al 1938, quando fu costretto ad abbandonare l’Austria in seguito all’annessione alla Germania nazista. Morì l’anno seguente a Londra, dove si era rifugiato insieme con la famiglia.

Qui i particolari sull’offerta dedicata ai suoi saggi:

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Fonte: www.illibraio.it


Il peso sociale del pettegolezzo: “Ho qualche domanda da farti” di Rebecca Makkai


Nei boschi sperduti del New Hampshire c’è una boarding school, la Granby, dove nel 1995 una ragazza ha perso la vita. Il suo corpo è stato ritrovato nella piscina, ma il caso è ancora da chiarire.

Ho qualche domanda da farti, pubblicato da Bollati Boringhieri nella traduzione di Marco Drago, è il nuovo romanzo di Rebecca Makkai, che in Italia abbiamo già conosciuto qualche anno fa con I grandi sognatori, (Einaudi, traduzione di Cristiana Mennella), già finalista al premio Pulitzer e al National Book Award, un romanzo corale che raccontava di un gruppo di amici funestati dalla prima vera epidemia di Aids a Chicago negli anni ’80.

i grandi sognatori rebecca makkai einaudi

Bodie Kane, la protagonista di Ho qualche domanda da farti, è una docente di cinema e podcast e si ritrova a dover tenere delle lezioni nella scuola elitaria che ha frequentato per quattro anni, gli anni dell’adolescenza, oscuri e inquieti al solo ricordo dell’evento che ha scosso tutta la comunità: l’omicidio di Thalia Keith, la sua compagna di stanza. L’episodio riemerge quando una studentessa le chiede di progettare un podcast sull’argomento; in fondo si sa, oggi i podcast true crime sono tra i più ascoltati.

Ho qualche domanda da farti intreccia una trama gialla con un’ambientazione da campus novel: la protagonista ripercorre tra nostalgia e amarezza i quattro anni vissuti da outsider, riesamina le relazioni instaurate con i compagni e con la stessa vittima, come se ogni dettaglio potesse servire alla risoluzione del mistero. Perché c’è un colpevole che non è il vero colpevole, il preparatore atletico Omar, arrestato in fretta per chiudere il caso, forse perché uno dei pochi neri in una scuola di bianchi, ma ci sono tante altre possibili vittime del pregiudizio, perché nel 1995 una schiera di adolescenti, ancora inesperti della complessità del mondo, si è lasciata trasportare dal peso sociale del pettegolezzo, rendendo fattuali quelle che potevano essere in partenza solo ipotesi. Quando si è adolescenti si è certi che il mondo giri intorno a sé, e non c’è niente di più appagante del condividere segreti, alimentare il gossip, per sembrare persone più interessanti, per avere qualcosa da dire, non importa se vero o falso.

Bodie è una podcaster professionista, nel suo podcast si occupa nello specifico delle dinamiche discriminatorie nei confronti delle donne attrici all’interno della grande macchina dello studio system hollywoodiano. Tra le molestie ricevute dai compagni e l’atteggiamento da ragazza popolare di Thalia, la rievocazione del passato si rivela sempre più sorprendente per la percezione che è cambiata negli anni, per la sensibilità che la società oggi nutre verso certi temi anche solo rispetto a qualche tempo fa.

La protagonista riconosce quanto le nuove generazioni siano più caute quando si affrontano argomenti come la violenza sulle donne e non solo, per questo da un lato c’è uno youtuber true crime e la sua schiera di follower a muovere la facile indignazione online con la caccia al colpevole. Ma poi c’è anche Britt, la studentessa rappresentante della GenZ  alle prese con il podcast sul caso di Thalia a volerne sapere di più, una ragazza abbastanza coscienziosa da porsi il problema di evitare di comportarsi come la solita ragazza bianca che fa intrattenimento parlando di omicidi online, consapevole del fatto che il true crime è diventato puro intrattenimento.

Muovendosi tra tutte le fonti a disposizione, vecchi amici, tweet, documentari, interviste dirette e indirette e persino discussioni complottistiche su Reddit, Bodie ha molte domande da fare al professor Bloch da quando si è capito dell’innocenza di Omar. I sospetti sono caduti su di lui, perché già si sapeva avesse un rapporto confidenziale con le studentesse, tanto che non era un mistero che Thalia si fosse innamorata di lui, pur avendo un fidanzato, Robbie Serenho. È una storia credibile, che funziona, il professore viscido che molesta la studentessa. Ma evidentemente non è sufficiente questo a cancellare una persona.

ho qualche domanda da farti rebecca makkai bollati boringhieri

Parallelamente ai fatti di cronaca, la protagonista vive anche la shitstorm scatenata su Twitter che ha come oggetto le presunte molestie del suo ex marito nei confronti di una donna più giovane di lui. Un’altra vittima dell’indignazione online. I commenti sono tra i più disparati, c’è chi si scaglia contro gli “uomini di merda che governano il pianeta”, chi puntualizza sull’età del consenso, ma anche chi si chiede se non fosse un abuso, ma semplicemente una relazione tossica. È necessario cancellare le persone perché non sono brave nelle relazioni?

Con la lente del presente in mano lotta contro la superficialità delle indagini, contro le vecchie dicerie alimentate quando erano studenti alla Granby, che potrebbero aver distorto la realtà, perché, come scriveva Philip Roth in Pastorale Americana, pensare di conoscere la vita degli altri, entrare nelle loro vite, nelle loro decisioni è come essere all’interno di una commedia degli equivoci, vivere significa capire male la gente, e dopo un attento riesame ancora male.

Ho qualche domanda da farti in conclusione suscita nel lettore innumerevoli riflessioni sulla contemporaneità, sull’etica delle narrazioni true crime, sui limiti della cancel culture, sul potere mediatico di quello che scriviamo sui social, ma anche sul peso imprevedibile che può avere una comunità nei confronti della giustizia, sul pregiudizio affrettato che suscitano i fatti di cronaca, sull’essere uomini o donne dopo il #MeToo, sulla complessità della natura umana, perché è un istinto umano quello di mettersi al centro di un disastro, di una storia, non per attirare l’attenzione, ma perché ci si sente veri.

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A proposito di certi mostri (e della fascinazione per l’insolito) – di Ade Zeno


Negli anni mi è capitato spesso di riflettere sulla mia fascinazione per l’insolito, il mostruoso: una malia che mi accompagna fin dall’infanzia, forse originata (ormai l’ho accettato) dal dialogo oscuro che intrattengo col mio corpo. Confesso di averne sempre avuto vergogna, e ancora oggi patisco con eccessiva apprensione l’idea di doverlo esibire. Ingombrante, goffo, inadatto a qualsiasi esercizio atletico, il guscio che mi accompagna giorno e notte sembra rassegnato a soccombere contro i più infantili tentativi di nascondimento (l’hanno imparato a proprie spese i miei sventurati coinquilini, costretti – fra le altre crudeltà – a risiedere in appartamenti privi di specchiere). Ha però compreso come vendicarsi di tanta ingratitudine: alimentando ulteriori inciampi, nuove insicurezze, cosicché al tarlo della bruttezza si aggiunge anche l’ansia di non saper stare al mondo. Deve essere per questo, immagino, che mi sento fuori posto in qualunque contesto sociale, persuaso di apparire agli sguardi altrui come un ridicolo Dumbo agghindato da pagliaccio. Trovo questo involucro sgradevole nel complesso, ma provo particolare ribrezzo verso le mani, che sfoggiano ai miei occhi deformità davvero insopportabili.

Non si sa da dove arrivino le idee che talvolta conducono al desiderio di raccontare una storia. Saperlo, in fondo, conta poco, dopotutto gli inneschi narrativi non vanno giustificati: sono liberi, autonomi, e possono perdersi nel completo anonimato. Nel caso di questo romanzo, tuttavia, percepisco qualcosa di diverso. Intanto perché ho impiegato undici anni per terminarlo – un tempo abbastanza vasto da alimentare l’alchimia della confidenza fraterna; e poi perché, tra una riscrittura e l’altra, mi pare ormai istintivo riconoscere nelle sue atmosfere e nei suoi protagonisti troppi tratti inequivocabilmente miei.

Mi piace considerarlo un libro d’avventura, di amicizia, di follia, e nel contesto teratomorfo ho inteso ragionare sul contrasto fra la mostruosità fisica dei reietti girovaghi e quella morale di un potere sempre pronto a schiacciare i più deboli. Ma voler bene a Gebke, Jörg, Andris e a tutti gli artisti della compagnia a cui ho affidato destini tanto tristi per me significa anche vedere in loro l’essenza di un’estetica che cerca linfa nel grottesco, nei cortocircuiti fra verità e finzione, e soprattutto nella miseria e nella polvere del teatro di strada. Fellinescamente strampalati, portano le stigmate di una straordinarietà indiscutibilmente umana. Sono sperduti come i seguaci di Peter Pan, ma non hanno a disposizione superpoteri o velieri pronti a prendere il volo; quanto ai buffoneschi pirati che perseguitano i bambini di J.M. Barrie, appaiono molto più rassicuranti rispetto alle sciagure affrontate dai Santi Mostri, come l’ascesa al potere di Hitler, lo scoppio della Seconda guerra mondiale, e naturalmente il programma Aktion T4, criminoso piano nazista finalizzato allo sterminio delle «vite indegne di essere vissute». Certo, a differenza di me questi strani ragazzi hanno imparato a gestire la diversità mutandola in qualcosa di bello per resistere a sé stessi e al mondo, ma se è vero che le innumerevoli virtù della letteratura comprendono il potere di sovvertire gli assi della cosiddetta realtà, forse anch’io dovrei coltivare la speranza di uscirne senza le ossa rotte.

Quando, nel lontano 2014 il dattiloscritto venne inviato a una decina editori (un insuccesso: lo rifiutarono tutti), non potevo sapere avrebbe comunque continuato a viaggiare, e se nello stesso periodo non se ne fosse interessato Leonardo G. Luccone di Oblique Studio – oggi mio agente e prezioso amico – nessuno mi avrebbe convinto a lasciarlo riposare in attesa che le idee per perfezionarlo (e per immaginarne il seguito, su cui sto già lavorando) si facessero avanti. I giochi del caso, poi, hanno fatto sì che il libro uscisse esattamente cent’anni dopo gli eventi narrati nei primi capitoli, e non nascondo di avvertire un certo smarrimento di fronte a questa coincidenza. Stupisce meno che le cronache dei nostri giorni raccontino ancora orrori fin troppo simili a quelli subiti dai miei amici circensi – l’ignominia dei bombardamenti, ad esempio, o il dilagare dei più abietti nazionalismi – ma sono convinto che parlare di mostri passati possa ancora aiutarci a scorgere gli sgorbi che siamo diventati.

Raccontare storie, in fondo, significa soprattutto mettersi alla ricerca di nuove chiavi per osservarsi. A volte basta iniziare dalle proprie mani.

I santi mostri di Ade Zeno, libri da leggere 2024

L’AUTOREAde Zeno è nato a Torino nel 1979. Ha esordito nel 2009 con il romanzo Argomenti per l’inferno, finalista al Premio Tondelli, cui è seguito, nel 2015, L’angelo esposto. Con L’incanto del pesce luna ha ottenuto il Premio Selezione Campiello 2020.

Ora torna in libreria, per Bollati Boringhieri, con I santi mostri.

Tutto ha inizio in una sera estiva del 1924, quando lo scimmiesco Jörg Brandt esce di casa senza dire niente a nessuno portando con sé due grosse valigie e un cuore pieno di formiche rosse. Al suo fianco Gebke Bauer, il “ragazzo dalle dodici dita”, fraterno complice nella formidabile impresa dei Santi Mostri, una compagnia di artisti deformi destinata, nel ventennio successivo, a incantare i palcoscenici dell’intera Germania. L’uomo piovra, la donna dal doppio sorriso, l’acromegalico gigante Nikolaus, il giovane Polifemo, sono solo alcuni dei protagonisti che seguiranno Jörg e Gebke in un lungo viaggio fatto di trionfi, cadute, e incontri straordinari.

Dai primi spettacoli sotto il fatiscente tendone del Circo Vogt, ai vagabondaggi a bordo di un buffo veicolo chiamato Geraldine, sfileranno insieme, con infantile allegria, ai margini di eventi molto più grandi e spaventosi di loro: l’ascesa al potere di Hitler, le leggi razziali, lo scoppio della Seconda guerra mondiale, ma soprattutto il programma Aktion T4, criminoso piano nazista finalizzato allo sterminio delle «vite indegne di essere vissute». In un mondo sprofondato nelle tenebre e sempre più incapace di riconoscere la bellezza nella diversità, armati della sola arte i Santi Mostri si troveranno così a condividere il tragico destino dei reietti in fuga.

Per Zeno un romanzo avventuroso e malinconico, in bilico fra realtà e meraviglia, che attraverso il linguaggio della fiaba grottesca rivisita la figura del freak per parlare ancora una volta del mostro che vive in ciascuno di noi.

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Fonte: www.illibraio.it


Una promozione ebook tutta dedicata a Carl Gustav Jung


Dal 9 all’11 febbraio, nei principali negozi online è disponibile una promozione ebook particolare, dedicata al padre della psicologia analitica, Carl Gustav Jung. Un’occasione per chiunque desideri approfondire la figura del grande studioso.

Dal Il Libro rosso alle Opere complete, da Simboli della trasformazione a Psicologia dell’inconscio, da Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti e altri scritti a I fenomeni occulti, sono davvero numerosi i testi disponibili, tutti editi da Bollati Boringhieri.

Le Opere di Jung sono infatti pubblicate da Bollati a cura di Luigi Aurigemma (24 voll., 1965-2007).

Jung (1875-1961) iniziò la sua attività nel 1900 nel famoso ospedale Burghölzli di Zurigo, sotto la guida di Eugen Bleuler, uno dei grandi maestri della psichiatria dinamica. Durante questi “anni di apprendistato” mise a fuoco la sua nozione di realtà psichica (teoria dei complessi autonomi) ed elaborò alcuni strumenti per la comprensione dei disturbi mentali (test di associazione verbale). Nel 1907 entrò in contatto con Freud, con cui stabilì uno stretto rapporto umano e scientifico, assumendo una posizione di primo piano nel movimento psicoanalitico, ma nel 1912 la pubblicazione di Trasformazioni e simboli della libido segnò la rottura del loro sodalizio e il distacco di Jung dalla psicoanalisi.

Ne seguì un lungo periodo di “malattia creativa”, caratterizzato da un serrato corpo a corpo con l’inconscio e le sue immagini archetipiche, di cui dà testimonianza Il Libro rosso. Esperienza decisiva da cui si cristallizzarono, negli anni della maturità, il sistema della psicologia analitica (dottrina dell’inconscio collettivo e degli archetipi, tipologia psicologica, energetica psichica e processo di individuazione, principio di sincronicità) e un’eccezionale messe di indagini storico-religiose, soprattutto nei campi dell’alchimia, dell’astrologia e del pensiero orientale.

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Libri sulla mitologia greca, fra grandi classici, retelling (anche YA) e storie per ragazzi


“La parola greca mythologia non contiene soltanto le ‘storie‘, i mythoi, ma anche il raccontare (legein), un raccontare che originariamente era anche in grado di suscitare intima risonanza; coinvolgeva l’idea che la storia riguardava sia il narratore sia gli ascoltatori“.

Così si esprimeva il grande filologo e storico delle religioni Károly Kerényi (1897-1973) nel saggio Gli dèi e gli eroi della Grecia (il Saggiatore), suggerendoci che – forse per questo – i miti greci non hanno mai smesso di affascinarci, con le loro allegorie e la loro evocativa descrizione del mondo.

Un mondo dal quale non a caso hanno preso le mosse molte civiltà indoeuropee, che all’antica Grecia sono debitrici non solo dal punto di vista linguistico, ma anche e soprattutto da quello culturale, artistico, filosofico, politico e scientifico.

Una rappresentazione dell'ultimo incontro fra Ettore e Andromaca, ripreso in molti libri sulla mitologia greca

In questo momento storico, in cui emerge spesso il bisogno di trovare un baricentro riscoprendo i cardini del nostro immaginario collettivo, approfondire le credenze, le riflessioni e le leggende concepite in epoca classica sembra quindi inevitabile, insieme al desiderio di rimettersi in ascolto di un sistema di valori come quello ellenico.

E quale modo migliore di farlo, se non attraverso i numerosi libri sulla mitologia greca a nostra disposizione? Non solo vere e proprie raccolte di miti, ma anche tragedie pensate per il teatro, studi psicanalitici e (più di recente, grazie alla spinta di #BookTok) romanzi che rileggono in ottica moderna le vicende di divinità, eroi ed eroine.

Fra testi classici, saggi, antologie, retelling (anche in chiave YA) e opere per bambini e ragazzi, ecco quindi una selezione di libri sulla mitologia greca – che non pretende di essere esaustiva e i cui titoli sono posti in ordine di prima pubblicazione italiana – grazie a cui rispolverare (o conoscere più da vicino) le storie che da secoli hanno segnato l’Occidente

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I classici: libri e riscritture sulla mitologia greca

Il nostro viaggio dedicato ai libri sulla mitologia greca non può che partire dalle origini, ovvero dall’VIII secolo a.C. circa, quando si pensa che siano state concepite l’Iliade e l’Odissea, tradizionalmente attribuite all’aedo Omero (VIII-VII a.C?).

Da quel momento in poi, sempre più intellettuali hanno attinto al pantheon e alle usanze greche, mettendo per iscritto numerose varianti dei miti classici, che a volte si sono imposte nella tradizione successiva e altre volte hanno invece spinto autrici e autori di età moderna a raccontarcene una nuova versione, dettata dalla sensibilità del periodo in cui vivevano…

Saggi e antologie sulla mitologia greca

Non solo rivisitazioni letterarie: a darci tante informazioni e chiavi di lettura sulla cultura ellenica sono anche i saggi e le antologie dedicate alla mitologia greca, che in particolare dal XX secolo hanno potuto contare su una produzione variegata e di grande spessore.

Grazie agli studi di accademici quali Walter Otto (1874-1958) prima e Giorgio Agamben poi, come pure all’opera di divulgazione di Giulio Guidorizzi, Matteo Nucci o Giorgio Ieranò, possiamo infatti penetrare i significati più reconditi e al tempo stesso più rilevanti delle storie legate all’antico Olimpo

I contemporanei: retelling sulla mitologia greca

Passiamo ora ai libri di mitologia greca più contemporanei, visto che l’èpos classico non smette di suggerire spunti alle grandi penne di oggi e ad autrici e autori più giovani, che scrivono soprattutto per il pubblico dei Millennials e della Generazione Z.

I loro retelling, spesso basati su una visione più femminista e inclusiva della mitologia, stanno spopolando da qualche anno specialmente grazie al #BookTok, e sono stati trainati all’inizio dal successo della docente americana Madeline Miller, che ha firmato – fra gli altri – i bestseller La canzone di Achille e Circe.

Libri di mitologia greca per bambini e ragazzi

Fra i tanti libri di mitologia greca da leggere, non vanno poi dimenticate le opere per bambini e ragazzi, pensate per un pubblico ancora in formazione, che spesso non conosce la cultura classica e che si sta approcciando per la prima volta al suo panorama letterario.

Fra i nomi più importanti, spiccano quelli di Laura Orvieto (1876-1953) e Gianni Rodari (1920-1980), e più di recente quelli di Lodovica Cima e di Roberto Piumini, per non parlare poi di un autore di culto come Rick Riordan, diventato famoso in tutto il mondo per la saga di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo

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Fonte: www.illibraio.it