Christopher Bollen ci racconta “Orient”, thriller di alto livello letterario

di Gloria Ghioni | 16.01.2018

"Quando ho iniziato, avevo l’idea di chi dovesse essere l’assassino. Ma nel corso della scrittura mi sono concesso la possibilità di cambiare, se avessi trovato una migliore idea in futuro, cioè ho lasciato che la trama evolvesse e mutasse durante la stesura". ilLibraio.it ha intervistato Christopher Bollen, autore di "Orient", romanzo, che si regge sulla paura: "È il cuore del libro, l’emozione su cui si regge l’intera trama"


In Orient, thriller letterario appena uscito per Bollati Boringhieri, l’autore Christopher Bollen esce dalla sua New York per ambientare un romanzo avvincente a poche ore da lì, a Orient. La risacca ha portato per generazioni e generazioni il suono della tranquillità, senza mai tradire i tanti segreti degli abitanti del posto, nascosti dietro i muri di case ben tenute. Ma cosa accade quando l’equilibrio mantenuto con tanto sforzo si rompe?

Orient sta cambiando: da qualche tempo gli artisti newyorchesi hanno iniziato ad acquistare lì i loro rifugi per il fine settimana, dove organizzare laboratori artistici e feste. Se già questo non viene visto di buon occhio, la quiete viene inevitabilmente rotta dall’arrivo di un giovane, Mills: poco importa che il ragazzo sia ospite del rispettabile Paul, originario di Orient: qualcosa nel suo aspetto da vagabondo insospettisce subito la gente, complice l’abitudine di Mills a non esporsi troppo (lo ha imparato durante la sua adolescenza in affidamento, sballottato da una famiglia all’altra). Gli abitanti non lesinano i giudizi, spesso affrettati e senza mai preoccuparsi di conoscere veramente il nuovo arrivato. D’altra parte, ci sono cose più importanti a cui pensare; alcuni abitanti originari di Orient muoiono: semplici coincidenze, o…? Il dubbio che qualcosa di terribile si stia consumando a Orient viene alimentato dal raccapricciante ritrovamento di carcasse di animali mostruosi, forse risultato di strani esperimenti genetici condotti su un’isola a poca distanza dalla costa del paese. Dunque, come sfuggire all’ondata inarrestabile e devastante del cambiamento? E come far fronte alla disgregazione di una comunità unita da secoli?Attorno a queste domande si sviluppa un romanzo di quasi settecento pagine, che ha il ritmo di un grande giallo e la cura per i dialoghi e lo scavo psicologico di un grande romanzo. Orient affonda senza paura oltre le azioni dei personaggi, per raccontare le incoerenze, le paure, i meccanismi di autoconservazione, i rischi e le conseguenze del panico diffuso in una comunità. Per approfondire questi importanti e molteplici temi, ilLibraio.it ha intervistato Christopher Bollen.

All’inizio del romanzo, Orient è un posto tranquillo, una sorta di Paradiso in terra, ma presto arriva qualcosa di strano, la gente è piena di segreti pericolosi e ognuno ha qualcosa da nascondere. Dietro i sorrisi, ci sono lacrime, frustrazioni, desideri repressi, pulsioni aggressive e ambizioni difficili da concretizzare. Ci sono almeno due tipi di realtà. Il suo romanzo è una grande indagine dell’animo umano?
“Di certo ho cercato di indagare l’aspetto più oscuro della vita interiore dei personaggi. Penso che un buon romanzo porti il lettore a misurarsi con ciò che è strano e inconsueto; o almeno, i miei libri preferiti lo fanno. Un paese come Orient sembra decisamente sicuro e solido al primo sguardo: ha bellissime case antiche, con giardini curati e sorprendenti viste sul mare. Dà una particolare illusione di pace e protezione, in un posto appena fuori New York. Scrivendo, ho cercato di sperimentare quell’illusione e di andare oltre, per rivelare le verità più oscure e spesso le più sgradevoli. Penso che in una comunità saldamente coesa come Orient i segreti funzionino come una specie di valuta: la gente commercia segreti; li nasconde come una forma di potere sugli altri; e fa di tutto per tenere nascosti i propri. I segreti esercitano una forza distruttiva sulle persone. D’altra parte, noi pensiamo di conoscere i nostri vicini di casa, quando in realtà conosciamo solo una parte di loro, quella che ci mostrano. Ho scelto deliberatamente di ambientare il romanzo nella bassa stagione, in autunno, subito dopo che i vacanzieri se ne sono tornati in città. Amo l’atmosfera caratteristica data dall’autunno e dall’inverno imminente: il posto diventa un po’ più uggioso e scuro, un po’ più ostile di quanto lo fosse prima, in estate. Un’atmosfera così va a braccetto con il carattere di molti dei personaggi, che stanno ancora lottando per realizzare il Sogno americano quando in realtà questo li ha già oltrepassati”.

Gli abitanti di Orient sono spaventati dagli stranieri: vogliono proteggere a ogni costo il loro presente, le loro case, le loro tradizioni (il senso di possesso è sempre presente); perché ha scelto di adottare il punto di vista di Mills, che non è solo uno straniero, ma anche un giovane orfano appena uscito da una forte dipendenza dalla droga?
“Mi sono davvero divertito a creare il personaggio di Mills. Ancora prima del suo arrivo, c’è uno scontro a Orient tra le famiglie che vivono lì da generazioni e i nuovi inquilini da New York, perlopiù artisti, che hanno comprato semplicemente delle case per il weekend. Insomma, c’è già questa faida aperta tra chi appartiene a Orient e chi vi si è intrufolato. Gli artisti, o comunque i cittadini, che comprano casa in un paese sono spesso visti come estranei o addirittura intrusi. Ma sono pur sempre proprietari. Mills Chevern, invece, è il vero outsider e, quindi, la reale minaccia per i locali. Mills non possiede alcuna proprietà; o meglio, non ha proprio denaro. In più ha un passato oscuro: uso di droghe, un’adolescenza in affidamento, nessun parente o amico e un’identità ugualmente spinosa di giovane omosessuale. In poche parole, Mills è un mistero che cammina a Orient e tutti rivendicano la propria idea di lui, ora visto come un povero ragazzo ferito che ha davvero bisogno d’amore, ora come un delinquente in erba a piede libero. Ho amato scrivere tutte queste diverse “reazioni” a Mills. E mi è anche piaciuto far iniziare la vita di Mills in California e farla proseguire a est. Nella letteratura americana troviamo così tanti personaggi che vanno verso ovest. Questo è il nostro destino manifesto. Mi piace l’idea di un personaggio che va nella direzione opposta”.

Nel romanzo, Orient deve combattere contro due pericoli: un misterioso killer e il rischio di esperimenti genetici portati avanti su un’isola lì vicino. Questi rischi intrecciano il thriller tradizionale a una paura molto recente. Come commenta questa scelta?
“Alla fin fine la paura è il cuore del libro, l’emozione su cui si regge l’intera trama. È davvero incredibile quanto siamo disposti a fare per paura: come siamo spaventati dagli stranieri, dagli estranei, dall’ignoto, o persino dal buio. Sapevo fin dall’inizio che volevo scrivere un romanzo giallo; avevo ambizioni letterarie, ma amo questo genere ed ero intrigato fin dall’inizio da alcune delle regole del genere. Orient sembrava la scenografia perfetta per un giallo, ma mentre stavo facendo ricerche sul paese, ho sentito parlare parecchio del famigerato centro per le malattie degli animali di Plum Island, che si trova proprio a un passo dalla costa di Orient. Ci sono così tante teorie complottistiche su ciò che il governo starebbe veramente testando in quell’area riservata. Come scrittore, ho fatto ricorso a dettagli e idee che ho sentito, da inserire nella trama. Non ho saputo resistere e ho raccontato la paura di Plum Island con l’escamotage delle carcasse di animali mutanti portate a riva. Ho trattato la paura corrente della biologia e della tecnologia, la paura che il governo stia avvelenando i suoi cittadini. Mi è piaciuto giocare con questa paura della scienza, che va d’accordo con la paura di un assassino a piede libero”.

«Vivere nella realtà a tempo pieno è sottovalutato. È un’arte in via di estinzione. Penso sia per questo che molti artisti si sono trasferiti qui» (p. 468). «L’arte non doveva dare delle risposte. Doveva solo fare domande» (p. 492). Sempre più artisti cercano case a Orient e attraverso i loro dialoghi vi è l’occasione per avere diversi punti di vista sull’arte contemporanea. Cosa ne pensa di questo mondo strano e affascinante?
“Molti dei miei più cari amici sono artisti e nell’altra mia vita, quella di giornalista, ho scritto un buon numero di articoli in merito: il mondo dell’arte è un soggetto che mi ha affascinato a lungo. Sono stato a Orient per la prima volta a metà degli anni Duemila per far visita ad alcuni artisti che avevano comprato case lì (è davvero diventato un posto dove vive un numero considerevole di artisti di città). Orient è stata per me un’occasione per esplorare il mondo dell’arte senza dover scrivere per una volta degli artisti da colletto bianco delle gallerie di Manhattan. Appena metti gli artisti in gallerie d’arte minimaliste tutto inizia a diventare un po’ ridicolo, se non farsesco. Ma avere questi artisti che passeggiano in un paese di mare è stato un nuovo modo per indagare l’arte. E, sì, ho dato ai miei personaggi-artisti una certa vivacità intellettuale. Penso che gli artisti tendano a essere acuti, intelligenti, ambiziosi, così come gli scrittori vivono del loro spirito e talento. Ma sono stato anche intrigato dalla fenomenale quantità di denaro con cui venivano pagati gli artisti della mia generazione. È diffusa l’idea dell’artista bohémien, ma questi giovani artisti stanno facendo milioni di dollari fin dagli esordi. Così, nel romanzo, volevo scontrarmi con la vecchia idea dell’artista come emarginato. Oggigiorno, l’arte è una scelta di vita molto solida. Gli artisti sono ancora davvero degli outsider?”

I suoi personaggi devono avere a che fare con la morte (omicidi o…?) e il lutto: quali difficoltà ha trovato nello scrivere di questi temi? Bisogna porsi un limite nell’indagare il dolore?
“Devo confessare che alcune delle morti e degli omicidi del libro mi hanno procurato molto divertimento al momento della scrittura, semplicemente perché mi hanno offerto tante sfide. Non solo queste vittime sono state uccise, ma hanno anche creato sorprendenti effetti su chi era accanto a loro. L’omicidio scuote tanto il lettore quanto la trama, reindirizzandola di scatto in un’altra direzione. Ma c’è un omicidio verso la fine del libro che non ho trovato affatto divertente narrare: anzi, quel giorno, seduto alla scrivania, ho provato molta tristezza!
In ogni caso, penso che la morte e il dolore debbano essere usati con moderazione nei romanzi. C’è un sacco di lutto in questo libro e questo potrebbe rendere il romanzo stancante e lugubre da leggere, i funerali potrebbero essere troppi. Non volevo che Orient diventasse una lunga sofferenza, per cui spero di aver aggiunto abbastanza commedia e tragedia e dialoghi vivaci per rendere l’umore del lettore variabile”.

Orient è un romanzo complesso: come ha lavorato e cosa l’ha ispirata?
“Si potrebbe pensare che un giallo venga scritto seguendo un progetto attento, ma io non ho delineato il romanzo prima di scriverlo. Quando ho iniziato, avevo l’idea di chi dovesse essere l’assassino. Ma nel corso della scrittura mi sono concesso la possibilità di cambiare, se avessi trovato una migliore idea in futuro, cioè ho lasciato che la trama evolvesse e mutasse durante la stesura. A causa dei tanti tasselli narrativi e dei numerosi personaggi, ho cercato di essere molto disciplinato e di scrivere ogni giorno; temevo infatti di perdere il filo e le connessioni piuttosto intricate, se mi fossi interrotto. Ho spesso fatto affidamento sul mio istinto da lettore per determinare cosa sarebbe successo dopo e il ritmo narrativo. Quando sentivo che una scena era troppo lunga o che non era successo abbastanza per un certo numero di pagine, ho provato a costruire una scena con più azione.
Va detto che parte della mia ispirazione è venuta da una vita ad amare i gialli: da bambino ero ossessionato da Agatha Christie e sono sicuro che questo ha avuto un effetto duraturo su di me. Però la maggior parte dell’ispirazione è nata proprio dalle mie visite a Orient: ho noleggiato una macchina e guidato per tre ore dalla città attraverso Long Island per cercare di conoscere il più possibile e raccogliere tutti i più piccoli dettagli che ho potuto. Non sono mai stato così tanto ossessionato da un posto dove in effetti non vivo neanche!”.

 

 

Fonte: www.illibraio.it